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Situato sulla sponda sinistra del Po di Volano, nella pianura orientale della provincia di Ferrara, è uno dei più antichi centri della zona.

La sua "pieve" è documentata almeno dal 1044 d.C. e nella denominazione di S. Apollinare rivela l'origine dall'Esarcato di Ravenna.

Negli "Statuti di Ferrara" del 1287 Tresigallo è citato come borgo di poche case in una zona circondata da vastissime paludi.

Nel secolo XIII la pieve di Tresigallo ebbe come arciprete, fino al 1256, Giovanni da Gaibana, che fu poi "calligrafo" (amanuense) rinomatissimo della Cattedrale di Padova.

Per secoli il territorio di Tresigallo, dove si insediarono i feudatari veneziani Quirini, Moro, Fontana, Badoer, Faliero, restò circondato da valli e paludi oltre l'argine (allora detto "cale") che ad ovest dell'abitato metteva capo al Finale e raggiungeva il Po ad Ariano.

Da ciò forse deriva il nome di Tresigallo: "transcalem", aldilà dell'argine. Quest'argine fu poi in parte sostituito da Brazzolo ad est del paese.

Questo è il segno delle successive opere di progressiva bonificazione delle attigue valli, in particolare di quella voluta da Alfonso II d'Este, la quale partì da Tresigallo ed impegnò molte famiglie nobili o alto-borghesi ferraresi legate alla Signoria Estense.

Si citano le casate dei Gualenghi, Macchiavelli, Freguglia, Isnardi, Aventi, Nigrisoli, Tassoni e Faruffini. Il capostipite di quest'ultima casata, Alessandro, fece costruire fra il 1517 ed il 1533 il palazzo turrito, che alla metà del secolo XVII nella persona del card. Carlo Pio della famiglia dei principi Pio di Savoia, prese il nome di Palazzo Pio.

Sui campi delle "possessioni" si svolgeva la dura attività contadina delle famiglie che abitavano sui fondi, composte talvolta da venti, trenta ed anche quaranta persone, mentre nei borghi e nel centro abitato risiedevano i braccianti.

E' questa la vita e l'attività descritta in due trattati di agricoltura dell'illuminista don Domenico Chendi, che per sessant'anni (1735-1795) fu benemerito parroco di Tresigallo.

Nella seconda metà dell'ottocento, con la grande bonificazione ferrarese qui si sviluppò fortemente il bracciantato, che trovò un suo grande organizzatore nel giovanissimo Edmondo Rossoni (1884-1965) nativo di Tresigallo.

Già dalla metà del '700 (don Chendi scrisse che la "stazione" di posta era alla locanda Lisbona) e fino al 1906 circa, chi da Tresigallo voleva recarsi a Ferrara, percorrendo la strada che si snodava sugli argini del Volano, poteva trovare il conforto della diligenza ad un cavallo e sei posti. Puntuale ogni lunedì e venerdì, dopo tre ore e mezzo di sballottamenti arrivava allo stallaggio di via Contrari.

All'inizio del 1900 e fino al 1914 circa, oltre alla diligenza, da Tresigallo non era raro che viaggiatori si allungassero alla conca di Valpagliaro, distante due chilometri, per usufruire della linea di navigazione sul Volano a mezzo del vaporetto "Graziella".
Si arrivava così dopo tre ore e mezzo, nel borgo di S. Giorgio, non lontano dal mercato dei buoi e dei cavalli.

Tresigallo vive il suo periodo più importante a partire dai primi anni '30, quando viene iniziata la costruzione di una strada a lunghi rettifili per accorciare le distanze verso Ferrara.

Gli anni successivi vedono il sostanziale mutamento dell'aspetto del paese: vengono costruite le strade, le piazze, le grandi infrastrutture, i centri sportivi, educativi, sanitari, industriali, tutti seguenti una logica urbanistica e simbolico-formale, voluta dall'allora ministro dell'agricoltura Edmondo Rossoni, nativo di Tresigallo dalle origini sindacaliste rivoluzionarie, per frenare l'esodo verso la città.

Tresigallo è quindi uno dei pochi esempi rimasti di città di rifondazione, progettata a tavolino, in cui la città si fa geometria dei rapporti sociali.

Per la sua particolarità riconoscibile, legata ad un periodo storico preciso, Tresigallo, nella sua interezza, è un bene storico e culturale e come tale deve essere rivalutato e difeso.

Nasce da questa convinzione l'idea di un osservatorio-archivio, un centro di documentazione sulle città di fondazione, che verrà prossimamente istituito.

Final di Rero

Situato alla sinistra del Po di Volano, il suo nome è citato in documenti storici fin dall'870 d.C.

Nel medioevo qui finiva ("finale") l'argine ("cale") che delimitava ad ovest le valli del Polesine di S. Giovanni.

Disponeva di una darsena che nel 1623 l'Aleotti suggerì di restaurare.

Qui ebbe dimora la nobile famiglia dei Chittò Barucchi che diede i natali a Gaetano, poeta, e Giuseppe, pittore, ambedue dell'ottocento.

Oggi Final di Rero si distingue per la sua vitalità, avendo registrato negli ultimi anni uno sviluppo socio economico notevole.

Fulcro di iniziative legate soprattutto alla vicinanza con il Po di Volano, scenario naturale e suggestivo, offre spesso occasioni di svago e ritrovo.

Final di Rero è altresì conosciuto come "Il paese della macedonia": l'offerta di frutta della nostra campagna e una ricetta segreta fanno di questo dessert una vera golosità. La macedonia viene preparata esclusivamente durante le feste popolari.

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In documenti pontifici degli anni 870 e 918 è citata la terra di Rero.

Questo nome deriva dall'omonimo fiume, ora scomparso, che defluiva dal Po di Volano e scorreva, lambendo Comacchio, fino alla foce Magnavacca.

Qui si trova la Chiesa di San Pietro, risalente al secolo XI, che conserva caratteristiche romaniche affondate nella ricostruzione del '700, epoca in cui alla torre campanaria fu sovrapposta una cupola rotondeggiante. All'interno si trovano, sull'altare, due pale dello Scarsellino.

Oggi Rero è un piccolo borgo nel cuore di appezzamenti agricoli che denotano la prevalenza di questa attività economica. La vitalità della comunità si manifesta durante le varie occasioni che coinvolgono anche le frazioni limitrofe.

La sua caratteristica di borgo rurale, adagiato nella campagna, ha ispirato la realizzazione di una struttura ricettiva di qualità prossimamente operativa.

Roncodiga

Già citato in un documento del 1089 d.C., il nome pare rivelare nella propria etimologia la diversa configurazione di due parti del suo territorio: "ronco" terreno disboscato, ai limiti della valle paludosa, e "ga(ggio)" terreno recintato, soggetto a un bando.

Nella locale chiesetta ricostruita dalla popolazione nel 1927, come ricorda una lapide apposta all'interno, è venerata la trecentesca statua lignea di San Nicola.

Questo abitato, pur nella fiera autonomia della sua gente, ebbe la propria storia giuridico-amministrativa sempre collegata a quella della vicina Rero.

Questa comunità rivela uno spirito di aggregazione soprattutto finalizzato ad attività sportive. Importante e vivace, il centro sportivo, grazie alle nuove strutture di recente costruzione, offre opportunità ricreative e occasioni di incontro.

 

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Palazzo Pio

 

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