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Giornata della Memoria

Giornata-della-memoriaIn occasione della Giornata della Memoria, il 28 gennaio, alle ore 10.30 presso la Casa della Cultura, Anna Maria Quarzi, Direttrice dell'Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, racconterà agli studenti delle terze medie l'olocausto dei bambini ebrei ferraresi.

 

 

27-gennaio-2014Le leggi razziali volute da Mussolini fecero scattare la discriminazione nelle scuole e nei luoghi di lavoro
Quando si scatenò la caccia all'ebreo
Decine di ferraresi uccisi nei lager, grazie ai «ragazzi di Salò»
Il 27 gennaio si celebra la giornata della Memoria, sancita da una legge dello Stato per ricordare quanti, ebrei, deportati militari e politici italiani, vennero mandati dal nazifascismo a morire nei campi di sterminio. Fu proprio in quella data che, nel 1945, i cancelli di Auschwitz vennero abbattuti dalle truppe sovietiche e la liberazione del campo, dove migliaia e migliaia di persone avevano trovato la morte o erano state crudelmente imprigionate.
A Ferrara, questa importante commemorazione viene sentita con particolare intensità perché è ancora vivo il ricordo della persecuzione razziale e dei lutti che il fascismo impose ai rappresentanti di una comunità israelitica secolare e da tempo inserita nel tessuto sociale ed economico locale.
ANTICA PRESENZA
Le prime tracce della presenza ebraica a Ferrara sono antichissime e risalgono, addirittura, ai secoli iniziali dell'era volgare, diventando sempre più massicce durante tutto il medioevo, anche se lo splendore ed il completo inserimento della Comunità nel tessuto economico - sociale locale deve essere fatto risalire alla protezione che il Comune, nel 1275, accordò agli ebrei ferraresi in virtù della utilità dei servigi loro offerti alla città.
Si dovette attendere, però, la dominazione estense per poter assistere al periodo di maggiore sviluppo e splendore della Comunità, sancito ufficialmente nel 1451, quando il marchese Borso ottenne da Roma il diritto legale di proteggere e mantenere gli ebrei, perseguitati nelle proprie terre d'origine, che stavano affluendo nella signoria.
Alla fine della dominazione estense e con la devoluzione della città allo stato pontificio iniziò la grave crisi della Comunità che in parte seguì gli Estensi a Modena, in parte restò a Ferrara, costretta a subire le gravissime vessazioni previste dalla legislazione dello Stato pontificio nei confronti degli ebrei, prima tra tutte, nel 1627, la segregazione nel ghetto, costruito nei tre anni precedenti.
L'INTEGRAZIONE
Fu dopo l'Unità d'Italia, ed in seguito con la prima guerra mondiale, che il rapporto tra la città estense e gli ebrei della comunità si rinsaldò.
La fine dell'800 ed i primi anni del 900 rappresentano il periodo in cui gli appartenenti alla Comunità israelitica locale, riassaporando la libertà ed uscendo dal ghetto, iniziarono un processo di evidente integrazione all'interno della società cittadina che li vide protagonisti in vari settori della vita economica, sociale e politica locale.
Era questa la situazione alle soglie della violenta ascesa politica del fascismo, che nel ferrarese vide numerosi dei ricchi proprietari terrieri e dei potenti borghesi facenti parte della comunità israelitica appoggiare economicamente il movimento nascente e fare parte dei primi fasci di combattimento costituiti in questa provincia.
E del resto, durante gli anni centrali del regime, numerosi furono gli appartenenti alla Comunità, a rivestire importanti cariche sia politiche, sia amministrative, basti, per tutti, ricordare la figura dell'avvocato Renzo Ravenna, primo podestà della città estense, proveniente da una delle più stimate famiglie ebree locali.
Egli resterà in carica sino alla vigilia della promulgazione delle leggi razziali, continuando a godere dell'amicizia di Italo Balbo, il massimo gerarca ferrarese, che durante tutto il fascismo manifestò rispetto e considerazione per i membri della Comunità, alcuni dei quali erano stati tra i suoi maggiori sostenitori, al punto che, insieme al bolognese Federzoni, tentò di dissuadere Mussolini dalla promulgazione delle leggi razziali.
BALBO E GLI EBREI
E' proprio questa situazione di completo inserimento all'interno della realtà ferrarese durante il fascismo che rende ancora più difficile comprendere cosa accadde quando, con la promulgazione delle leggi razziali, una parte tanto importante della società cittadina venne privata di ogni tipo di diritto in virtù della propria appartenenza a quella che, nelle circolari ministeriali, veniva definita la «razza ebraica».
L'applicazione delle leggi razziali, volute da Mussolini per compiacere l'alleato nazista, seguendolo nella politica persecutoria nei confronti degli israeliti, che dovevano essere allontanati da ogni attività politica, sociale, economica, provocò notevole disagio ed imbarazzo all'interno della realtà ferrarese, dove gli ebrei, soprattutto quelli appartenenti alle classi più elevate, potevano essere considerati completamente inseriti.
Di mese in mese, questi cittadini, si videro privati di ogni diritto, espropriati di ogni tipo di proprietà, sottoposti ad ogni tipo di violenza ed, infine, deportati in campi di concentramento e sterminio dai quali spesso non fecero ritorno.
LE DEPORTAZIONI
Numerosi furono i provvedimenti che colpirono gli israeliti, tra i primi l'espulsione dalle scuole di studenti e docenti «appartenenti alla razza ebraica», come richiesto dalle circolari che dal ministero degli Interni raggiungevano le prefetture di tutte le città d'Italia.
Giorgio Bassani, in molti dei suoi racconti, descrive con grande sensibilità e sofferenza ciò che accadde in quei giorni, quando i bambini e i ragazzi ebrei furono costretti, da un giorno all'altro e senza motivo comprensibile, ad abbandonare i propri compagni e, per continuare la propria istruzione, a frequentare «la scuola di via Vignatagliata», organizzata da numerosi docenti espulsi dalle scuole del regno e da alcuni giovani intellettuali, tra i quali lo stesso scrittore e Matilde Bassani.
Il ricordo di quel terribile momento, quando i giovani ebrei vennero espulsi dalle scuole, è ancora vivo nei testimoni del periodo: molti dei bambini che videro allontanati i propri compagni senza capirne le motivazioni, iniziarono un viaggio che li avrebbe allontanati per sempre dal fascismo e dalle false convinzioni che avevano accompagnato la loro educazione.
Allo stesso modo accadde tra la popolazione che, in molti casi, testimoniò solidarietà alle persone colpite dal provvedimento, cercando di sostenerle nelle difficoltà che oltre che di carattere morale si rivelarono presto di carattere economico.
Fu questo, forse, dopo gli anni violenti dell'ascesa fascista, il primo contatto diretto che la popolazione ebbe con la prevaricazione dei diritti e delle libertà dei singoli, insita nella struttura stessa di un regime dittatoriale quale il fascismo. Ciò che appariva inconcepibile ai più, comunque educati dal fascismo a considerare normale che venisse impedita qualsiasi manifestazione di dissenso politico, era che questi provvedimenti venissero applicati indiscriminatamente, colpendo spesso persone importanti e stimate da tutte la comunità e perfettamente inserite all'interno del regime fascista.
ZELO PERSECUTORIO
Il caso esemplare fu quello dell'avvocato Renzo Ravenna, il primo podestà della città, che rassegnò le proprie dimissioni, probabilmente avvertito dall'amico Balbo, qualche mese prima della promulgazione delle leggi razziali e che vide i propri figli, come tutti gli altri studenti, espulsi dalle scuole che avevano frequentato per anni.
I provvedimenti si susseguirono colpendo gli aspetti più disparati dell'esistenza degli ebrei italiani e vennero caratterizzati da una puntigliosa schedatura di tutto ciò che della vita di queste persone veniva ritenuto utile al loro controllo da parte dell'autorità.
A Ferrara, questo lavoro venne portato avanti con grande precisione, al punto che l'Archivio di Stato conserva tre elenchi, non ritrovati in nessun altro archivio e non richiesti alle prefetture ed amministrazioni dal ministero dell'Interno, frutto dell'interesse personale di qualche funzionario, impegnatosi ai massimi livelli per facilitare la politica persecutoria, che contengono notizie su quanti si siano battezzati prima della promulgazione delle leggi razziali. La disponibilità dei funzionari ferraresi che si prestarono a questo lavoro di schedature, spesso superando in dovizia di particolari le richieste avanzate dalle autorità romane, mostra un'altra faccia della realtà estense, quella di quanti accettarono senza opporsi ed anzi, forse, auspicarono la promulgazione e l'applicazione delle leggi razziali, ritenendo che compiacere il regime venisse prima di qualsiasi principio di rispetto per l'essere umano.
La tragica importanza di questi elenchi appare evidente se ci si ferma a pensare che sono questi i documenti che permisero ai fascisti e ai loro alleati nazisti nel 1943 di preparare le liste delle persone da deportare nei campi di concentramento e si ricorda che in altre realtà, come ad esempio nella Francia occupata dai nazisti, ci furono funzionari ed impiegati che si rifiutarono di compiere un tanto indegno compito.
Celebrare la giornata della Memoria appare, quindi, strettamente legato alla necessità di comprendere come, si giunse alla terribile realtà dei campi di sterminio.
Le leggi razziali rappresentarono una sorta di risveglio delle coscienze sopite di molti che avevano accettato un regime dittatoriale senza porsi troppi interrogativi su quello che il fascismo avrebbe potuto significare anche per loro stessi e per i propri cari. La giornata della Memoria, in un periodo di grave crisi di valori e di rifiuto di qualsiasi tipo di riflessione sul passato e sul presente, ci aiuta a ricordare che la libertà e i diritti devono essere difesi ogni giorno, senza mai essere dati per scontati, perché è proprio dietro il qualunquismo e la superficialità che si nascondono i più terribili rischi.
(dal giornale "La Nuova Ferrara")

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